«Quando un italiano vede passare una bella macchina, il suo primo stimolo non è averne una anche lui, ma tagliarle le gomme.»
Con questa frase tagliente, Indro Montanelli denunciava un atteggiamento tipicamente italiano: l’intolleranza verso chi emerge. Non si tratta solo di invidia, ma di una reazione più profonda e sistemica, descritta da alcuni psicologi sociali come “sindrome del Papavero Alto”.
Cos’è la sindrome del Papavero Alto
Il termine deriva da una metafora: quando un papavero cresce più degli altri, va tagliato, per non disturbare l’uniformità del campo. In altri Paesi il successo è spesso motivo di ispirazione. In Italia, invece, chi eccelle viene visto come una minaccia, un’anomalia da ridimensionare.
Non è solo invidia, ma fastidio per ciò che rompe l’omologazione. Il successo altrui costringe a confrontarsi con le proprie scelte, i propri fallimenti, le rinunce. E spesso, chi non ha il coraggio di mettersi in gioco, preferisce sminuire chi ce l’ha fatta.
Un meccanismo sociale e culturale
La cultura italiana — da sempre fortemente legata all’idea di appartenenza, comunità, uguaglianza — tende a confondere equità con uniformità. Chi spicca viene percepito come “presuntuoso”, anche quando ha costruito il proprio successo con sacrifici e competenze.
È il motivo per cui molti talenti italiani trovano riconoscimento all’estero, dove l’eccellenza non solo è accettata, ma valorizzata.
L’invidia che paralizza
L’invidioso non aspira a migliorarsi, ma vuole che gli altri peggiorino. Non conosce gratitudine, né ammirazione. È convinto che chi ha successo lo debba al caso, alla raccomandazione, alla fortuna. Raramente si chiede quanto impegno, rischio e solitudine ci siano dietro a un traguardo.
Questa mentalità scoraggia chi ha idee nuove, chi osa, chi sperimenta. In un paese che penalizza il merito, i papaveri alti vengono piegati prima ancora di sbocciare.
Come uscirne
Per superare questa sindrome serve una nuova educazione al merito e al rispetto. Riconoscere il valore altrui non toglie nulla a noi stessi. Al contrario: ci offre un esempio, uno stimolo, una direzione.
La vera sfida oggi è imparare ad applaudire senza sentirsi più piccoli.
E, magari, invece di tagliare i papaveri, iniziare a coltivarli.
Foto di Javier Cañada su Unsplash