Oggi l’influenza dei social network è innegabile ed ha assunto una forma preponderante nella nostra esistenza. Qualche tempo fa siamo rimasti sorpresi dalla definizione di ghosting, un termine che riassume il momento in cui una persona che ha avuto un forte legame con un’altra, come un partner o un amico, ipso facto interrompe ogni comunicazione e diventa un fantasma, appunto.
Oggi, nel 2019, il nuovo termine creato dall’interazione in reti come Facebook, Twitter o Instagram è “orbiting”, orbitante, ovvero il comportamento per cui una persona interrompe tutte le comunicazioni, ma segue ancora gli account di chi ha preferito non sentire e/o frequentare più. Tutto resta molto social: ci si scrive, si parla o si risponde ai messaggi, ritwitta i post o aggiungere reazioni alle foto. Ma tutto chiuso nelle “mura” delimitate dai social network.
Incertezza e confusione
In questo modo è possibile essere nell’orbita di altre persone, andare in giro e generare una risorsa di manipolazione psicologica come la confusione, perché se una persona scompare dalla vita fisica di qualcuno e si rifiuta di avere contatti, dà messaggio completamente contraddittorio continuando ad interagire nei social network. A battezzare il termine è stata la editorialista Anna Lovine, che ha affermato come questo tipo di contatto, alla fine, “ti tiene abbastanza vicino da poter essere osservato e abbastanza lontano da non dover mai parlare.
Tutto è nato quando in un articolo Lovine ha dichiarato: “Ho iniziato a uscire con un uomo, chiamiamolo Tyler, alcuni mesi fa. Ci siamo incontrati su Tinder, ovviamente, e dopo il nostro primo appuntamento ci siamo aggiunti su Facebook, Snapchat e Instagram. Dopo il nostro secondo appuntamento, ha smesso di rispondere ai miei messaggi di testo. Presto ho capito che la storia era finita, ma nei giorni seguenti ho notato che ha guardato ciascuna delle mie storie su Instagram e Snapchat e che era una delle prime persone a farlo”. Lovine contattò di nuovo il cosiddetto Tyler, che la ignorò di nuovo. Lei, confusa, ha smesso di seguirlo sulle diverse piattaforme, tranne su Instagram. Convinta, ha detto: “Questo non è ghosting. Questo è orbiting“. E si è resa conto di non essere stata l’unica a soffrirne.
Gli esperti affermano che soffrire di orbiting “è due volte più frustrante dell’essere una vittima del ghosting, il che non sembrava possibile“. La psicologa Persia Lawson sottolinea che questa azione nasce dalla speculazione. “È un modo per mostrarti, ‘Guarda, sono ancora qui’, senza dover avere una relazione. La comunicazione viene mantenuta aperta nel caso queste persone decidano di voler riprenderla di nuovo“.
Da parte sua, lo scrittore Taylor Lorenz, sottolinea che la pratica è semplicemente un calcolo perché “vuoi mantenere qualcuno nel tuo gioco e non vuoi eliminarlo del tutto“. Infine, è qualcosa che può essere fatto perché implica solo dare un like, un commento o semplicemente un’emoji. Ma Lawson sostiene che è debilitante per la parte che lo riceve. In ogni caso, questa pratica non si limita esclusivamente agli ex partner o agli interessi romantici, poiché è applicabile anche quando “gli amici e i parenti di coloro che si sono allontanati, ma continuano ad orbitarli“.
La psicologa Michelle Crimins sottolinea che è essenziale fissare dei limiti, perché una tale pratica può far prendere tempo a una persona per riprendersi da una crisi d’amore. “Dobbiamo prestare attenzione ai nostri sentimenti, in modo che quando gli effetti negativi iniziano a superare quelli positivi, siamo in tempo per fermarci“.