Questo non è un articolo che tratterà di politica. Questo articolo parlerà della comunicazione politica. Ieri, chi ne era interessato, ha sicuramente seguito il discorso di Giuseppe Conte, intervenuto all’Assemblea del Movimento 5 Stelle. “Sono qui con voi perché ho accettato di cimentarmi in questa sfida“, ha esordito per poi proseguire: “molto complessa ma affascinante: rifondare il Movimento 5 stelle“.
Ed è stato un ritorno all’attesa delle sue ben note conferenze stampa. Facciamo un rapido ripasso di quel che accadeva fino a qualche mese fa.
Certamente, chiunque di noi ricorda la sensazione di freddo inferiore, confusione e spaesamento nel corso della prima ondata della pandemia di Covid-19. Quasi sicuramente ricordiamo anche gli appuntamenti ormai fissi con le dirette su Facebook, ma anche televisive (e questo gli fu imputato all’epoca da certi personaggi politici) del sabato sera. Era un’attesa mista a curiosità per quello che ci attendeva, perchè l’ex premier ci avrebbe spiegato cosa avremmo dovuto riuscire a realizzare insieme come Paese. Era un’attesa fatta di meme, spesso molto simpatici, che univano in qualche modo un’intera nazione che, da sfondo, possedeva uno scenario certo non troppo spensierato. Il social network era la piazza virtuale che ci accoglieva ad ascoltare, un appuntamento che riuniva nel comune intento di fare fronte ad un’emergenza. Voci discordanti, come ovvio che sia in una comunità, si sentivano bisbigliare tra i commenti, i Like e le reaction.
La comunicazione rassicurante ed empatica di Conte, nella fase 1 come nelle successive, è sicuramente stata uno dei fattori chiave. L’ha reso popolare e seguito sui suoi account da una popolazione, lo ricordo, poco ammaestrabile ma sicuramente partecipe sui social media. Ed è forse per questo che Conte, nonostante i sacrifici che l’emergenza chiedeva agli italiani, era molto apprezzato. Nonostante quel che si è detto in seguito, quando certa politica, forse invidiosa della sua popolarità, ha cercato di porre un freno.
Per alcuni la comunicazione politica, infatti, non va fatta sui social. Si è sempre imputato a Conte l’abitudine di adoperare Facebook come strumento. Ma Facebook è lo strumento oggi più utilizzato e la comunicazione evolve, come evolvono le persone e i mezzi di comunicazione.
Qualcuno ha detto ” il messaggio è il destinatario“. Bene, prendendo questo assunto come principio cardine, se fossi un politico e il mio destinatario fosse chi mi vota e la popolazione nella sua interezza, dovrei necessariamente conformarmi ad essi. E, oggi, che piaccia o meno, che lo si trovi istituzionale o meno, Facebook è uno strumento. Su di esso, chiunque può comunicare punti di vista e prospettive. Che lo faccia un politico, a noi, importa fino a quando quel che dice poi trova riscontro nella realtà.
Oggi, probabilmente, quelle dirette forse un po’ mancano. Lo si è potuto constatare nei gironi scorsi, come soprattutto ieri. Un mulinello di annunci e di meme ha accompagnato un diretta imminente che avrebbe comunicato qualcosa di nuovo. Tornava a parlare Conte, a comunicare.
Al presidente Draghi, al contrario, si è rimproverato un certo silenzio. Le persone, però, questo occorre comprenderlo, sono diverse e hanno un vissuto che non spetta a noi scandagliare. Chiunque di noi si rapporta agli altri come crede. Mario Draghi non comunica, parla quando per lui è il momento. Non lo è stato per intere settimane dal suo insediamento. Poi, forse qualcuno che comprende cosa significhi la comunicazione, gli ha suggerito, ogni tanto, di parlare alla gente. E così lo si è visto anche elargire qualche battuta e qualche sorriso che di empatico non hanno nulla, ma se non altro ce lo descrivono. Ce lo descrivono come una persona schiva e che, certamente, non considera forse comunicare alla popolazione uno dei fattori predominanti. Non ha neppure un account Facebook, ma nemmeno questo deve a noi importare e non è certo un aspetto che fa curriculum. E’ una scelta sua che, però, va aggiunto, non è sicuramente al passo con quella che oggi è la piazza virtuale.
Probabilmente, il presidente Draghi non instaurerà una relazione solida con noi. E, probabilmente, la sua comunicazione non sarà sempre efficace e costante come siamo stati abituati in passato e questo lo porterà a non essere seguito dagli italiani. Ma questo ci parla di lui e del suo percorso. Il suo background a livello internazionale lo ha consacrato. E il mondo della banca, quella fredda fatta di cifre, di statistiche, di calcoli, non aderisce alla persona. La persona intesa come nazione, una nazione formata da un popolo. E, appunto, da persone. E da tutto un labirinto di emozioni, di sentimenti, di punti di vista.
E, oggi, i social media ci insegnano proprio questo: se non sai suscitare interesse nella popolazione, se non c’è empatia nella tua comunicazione, difficilmente potrai essere seguito da essa. Che piaccia o meno.