Del giornalismo e della libertà di chi non è libero

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Guardate, fare giornalismo è un impegno costante. Scrivere è una passione, un hobby, una droga. Chi ha una penna in mano o una tastiera ha anche un’arma: l’opportunità di guidare il pensiero altrui. E questo, credetemi, un po’ spaventa. Spaventa per il carico di responsabilità di cui ci si sente investiti.

Così, capita che una mattina di un lunedì qualsiasi leggi titoli come questi:

e tu un po’ di merda ci rimani perchè sei una di quelle persone – e non ne voglio farne una questione di genere – che ha esultato quando, venerdì, si è fatta la Storia. Che non è solo un colore politico, ma uno stato evidente di cose.

Ora lo svilimento nasce dal fatto che poche persone saranno emotivamente prese da un simile atto offensivo non solo verso l’istituzione della vicepresidenza ma, andando sempre più nello specifico, nel colore della pelle – facendone una questione di razza laddove non è proprio questo il punto da rimarcare – e nel fatto che LEI sia una donna.

Tuttavia, io, da donna, ne faccio una questione generale e non di genere: finché ci sarà qualcuno che si rivolgerà in questo modo verso il prossimo che ha raggiunto un obiettivo non ne usciremo. Non usciremo da una cloaca culturale dei tempi di Internet in cui tutti dicono il contrario di tutto, chiunque può sbeffeggiare l’altro facendone una questione di contorni, colori ed evidenze.

Questo non è giornalismo. Il giornalismo era quello in cui si approfondivano tematiche, si “era sul pezzo” per dare voce a chi non poteva esternarla e farla arrivare a chi di dovere. Mi chiedo cosa direbbe, oggi, Oriana Fallaci leggendo certi titoli. Mi chiedo cosa direbbero i vari Biagi e Montanelli se tutto quello che rimane di un giornalismo che loro hanno contribuito ad impalcare, oggi si ritrova ad essere un accumulo di macerie del genere.

Quel che più offende, inoltre, è che un ordine (quello dei giornalisti) non prenda posizione, sia silenziosamente assente in nome della libertà di parola e di espressione altrui. Ma, signori miei, questa non lo è affatto libertà di parola e di espressione, quanto piuttosto libertà di offesa! Ed una chiara ed esplicita presa di posizione nel non prendere alcuna posizione.

 

Ne scaturisce una conversazione…

Subito dopo aver letto questo titolone da prima pagina, la mia attenta amica mi scrive ed inizia uno scambio di vedute e di esperienze. Sapendo che ho chiesto il permesso di pubblicazione degli screenshot, censurando – questa volta con cognizione di causa – le parti interessate da esperienze ed episodi strettamente personali, ne è uscito un interessante dibattito. Ed una riflessione, più intima, di come le persone più sensibili, in una società come quella di oggi, siano destinate a sentirsi sole ed incomprese.

Si parla di Joe Biden, ma soprattutto di Kamala Harris e del fatto che noi, popolo italico, non saremo mai pronti per una figura del genere se, al contrario, perdiamo il senno per vuoti culturali come la tizia di Mondello.

Ci riferiamo al fatto che i talk show o i programmi di approfondimento sono pilotati o condotti da ex-giornalisti (ex perchè mi fa una certa fatica considerarli ancora “in carica”) che fanno del contraddittorio un condimento/prerogativa proprio/a. Ovvero, “così è se vi pare”. Non c’è rimostranza che tenga, non c’è voce alternativa che non la propria. Spesso, purtroppo, urlata perchè non ha altri argomenti se non l’aggressività e l’arroganza.

Purtroppo, io sono sicura che sia anche un fatto culturale e una questione di onde emotive dettate dalla moda: stare dietro a un Trump – aggressivo, donnaiolo, sciupafemmine (mah!) – fa molto “più figo” che un Joe Biden più aderente alla visione collettiva del nonno che ti legge le favole e ti dice che domani lo farà di nuovo. Biden è “vecchio”, Trump è di moda. Questo perchè la gente si ferma ai cliché, alle apparenze e non scava nel profondo.

Mi soffermo su questo: vedevo nei giorni scorsi le tifoserie dei due candidati. Quella di Biden-Harris (s)composta e festosa, chiassosa e felice, libera, canterina e godereccia come a Capodanno. Quella di Trump addobbata di mitra e fucili, mascherata e incollerita. E non solo per una perdita evidente, perchè oggi come ieri, questi figuri hanno dato un risvolto storico e razzista non solo nel loro Paese, ma ovunque. Questa immagine mi perseguita. Perchè è così anche qui. E non mi soffermo oltre. Fa inquietudine tutto questo.