Il vero contagio non è quello del coronavirus. Il vero contagio è quello di una psicosi collettiva data dall’abbandono di qualsiasi logica e ragionamento. E’ vero: sono oltre 220 le persone infettate in Italia. Si contano anche i morti (11, al momento in cui si scrive). L’Italia è anche diventata il primo Paese in Europa e il terzo a livello globale per diffusione di Covid-19, il virus che si è diffuso in tutto il mondo dall’inizio dell’anno. Al momento, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Lazio e Piemonte sono le regioni coinvolte. Più di cento persone sono infette nella sola Lombardia. Tre casi di coronavirus sono stati confermati anche in Trentino. Nuovi casi sono confermati a Firenze e Palermo.
Quel che lascia perplessi è la necessità di ricorrere ai posti di blocco per arginare spostamenti inopportuni di persone che da una regione vanno in un’altra, nonostante le ripetute raccomandazioni – come si fanno ai bambini – di evitarlo al fine di diffondere una simil-influenza che, di suo, ha la particolarità di essere molto contagiosa. No. Chi sta al nord deve necessariamente andare al sud; chi sta al sud deve raggiungere il nord. E’ un rimpasto di persone e, quindi, anche di possibilità di contagio.
Oggi, siamo anche circoscritti nei confini italiani. Ci snobbano, volevo dire, ci evitano, anzi ci chiudono i confini molti Paesi in Europa e nel mondo. Navi da crociera alle quali è negato l’attracco o lo sbarco dei passeggeri. E solo perchè una fetta di clienti possiede un passaporto italiano. Stessa sorte per chi viaggia in treno o in aereo.
La psicosi è generale. E si insinua anche sul web. Non solo fake news, ma sui social network ci si improvvisa competenti in immunologia e virologi informati.
Psicosi all’università della vita
Insieme all’aumento del numero di contagi, aumenta anche la preoccupazione, con il rischio di una psicosi generale. Anzi, omettiamo la parola “rischio”, essendo di fatto una situazione di psicosi generale manifesta in comportamenti privi di qualsiasi ragionamento.
I supermercati nelle aree “rosse” – non più solo circoscritte a Lombardia e Veneto – sono già sotto assedio. Anche laddove ancora non si è registrato alcun caso, per una malsana solidarietà nonsense, si fanno provviste in grado sfamare intere popolazioni bisognose di derrate alimentare che dovrebbero provenire da un Occidente sempre più debole. Debole nell’essere obiettivo davanti alle vere difficoltà che, spesso, i Paesi in via di sviluppo sono costretti per Natura geografica a fronteggiare dalla notte dei tempi e senza soluzione d’uscita.
Tutti i clienti indossano rigorosamente maschere, con lunghe code nei punti vendita. Mascherine che sono diventate beni di lusso, una sorta di mantello dell’invisibilità che dovrebbe proteggere. Ma non dalla stupidità. Quella, per intendersi, di chi la usa e riusa o la cerca disperatamente come l’antidoto contro ogni male e che, se realmente gli fosse stata imposta, si sarebbe ribellato ad indossarla (pensiamo quando ci fu costretto di indossare caschi o allacciare le cinture in macchina: il consiglio divenne costrizione, imposizione per salvarci la vita). E’ questa la psicosi: l’imposizione, laddove non richiesta, che diventa fenomeno alla moda, diventa pericolosa. Come il gel disinfettante venduto a prezzi indecorosi e che non serve assolutamente a nulla, perchè basterebbe lavarsi le mani: operazione alla base di qualsiasi insegnamento che ci viene impartito alla tenera età di pochi mesi.
Ecco: c’è chi evita di lavarsi e deliziare con profumi corporei chi gli sta accanto, ad agosto, a 40 gradi. Ma un gel disinfettante in borsa è d’obbligo oggi. Perchè è un antidoto, un pesticida. In realtà ,si tratta di semplice alcol etilico, glicerina e acqua ossigenata. Come ci insegnano youtuber e leoni del web con tutorial improvvisati sui social media.
Una malattia razziale
Il coronavirus si è diffuso in Cina. Qui ha raggiunto vette spaventose di diffusione. Pare a causa di un pasto a base di serpenti o pipistrelli. Cosa mangino i cinesi non è questo il punto, il dato culturale non è fondamentale. Ognuno pensi a cosa mette nel piatto la propria, di cultura. Il punto è capire se è vero che questi animali siano stati veicoli di diffusione e, soprattutto, perchè.
Poi il coronavirus, al secolo Covid-19, si è diffuso in altri Paesi e la paura ha cominciato a montare come panna che fuoriesce da un cono. Il coronavirus NON è il cinese che circola per le strade, quello del supermercato sotto casa. Chi ha i tratti orientali, insomma, non è necessariamente portatore di malattia.
Come non lo è l’italiano di Codogno o quello di Casalpusterlengo. Insomma, è come un’operazione matematica, ma al contrario: se è vero che 2 + 2 fa 4, non necessariamente un italiano quadra con il Covid-19. Se io abito nel Regno Unito, il mio passaporto è italiano, non è scritto in nessuna legge di natura di essere messo/a in quarantena. Cosa diversa è la prevenzione che, a seguito di uno spostamento, che sia da Italia per estero e viceversa, da nord a sud e viceversa dovrebbe essere messa in preventivo. E non riguarda solo l’italiano. Ma quest’ultimo che viene a contatto con un altro italiano ma anche con un francese o un tedesco che potrebbe essere stato contagiato, a sua insaputa, ma che ancora non presenta sintomi evidenti.
Insomma, nessuno impedisce una libera circolazione. Ma farlo nel rispetto proprio e altrui dovrebbe essere la norma. Un fatto ineluttabile che non doveva nemmeno essere evidente all’indomani del fenomeno coronavirus. Ma che riguarda anche la comune influenza che ogni inverno obbliga persone a letto e spesso veicolata da bambini virulenti portati a scuole nel non rispetto degli altri bambini da parte di mamme troppo prese dal proprio lavoro.
Covid-19 ed economia e turismo
Il coronavirus ha iniziato a incidere sull’economia nazionale, ma potrebbe avere un impatto positivo sulle vendite. Costrette a rimanere a casa, le persone consumeranno di più. E lo si è visto nelle immagini di scaffali vuoti nei supermercati.
Un ulteriore problema riguarda i trasportatori: stanno iniziando ad avere difficoltà nel garantire le consegne. E questo ha un impatto economico sui costi operativi. E, ulteriore aspetto, l’Italia scopre lo smart working, che in altri Paesi invece è molto caldeggiato e mai evitato.
L’attività degli aeroporti continua regolarmente. Croazia, Ungheria e Irlanda hanno sconsigliato di recarsi nelle aree colpite e gli italiani che viaggiano all’estero hanno iniziato a sentire gli effetti di una repressione. Ma anche di quel “razzismo epidemico” di cui facevamo accenno precedentemente.
Insomma, si tratta di una psicosi collettiva data da una sindrome simil-influenzale di cui non si dispone ancora di vaccino. Ma, alle volte, sembra di assistere ad una caccia alle streghe di sapore medioevale. E tutto ciò non fa ben sperare nell’evoluzione del genere umano.