Procrastinazione e decision making: cosa ci spinge a non riuscire e prendere una decisione e a rimandarla

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Quando si tratta di procrastinare, la principale difficoltà che affrontiamo nel suo processo è, a mio avviso, la sua invisibilità. La sua invisibilità strettamente legata all’ignorare il modo in cui essa funzioni, al suo modus operandi. Proprio questa ignoranza porta, come prima conseguenza, che sia non solo invisibile al nostro sguardo, ma che risulti anche estremamente confondibile con altre etichette.

Procrastiniamo tutto, soprattutto in periodi particolari della nostra vita, quella che ci vede rimandare decisioni importanti per noi stessi, ma che possono influenzare anche chi ci è accanto. Perché siamo così facilmente inclini a rimandare determinati compiti, progetti o attività che sappiamo che dovremmo svolgere nel corso di una giornata? Si tratta di un comportamento bizzarro, poiché questo fenomeno di procrastinare (rimandare al giorno successivo) colpisce tutti, anche i più produttivi tra noi.

 

Perché non si riescono a prendere determinate decisioni

Decidere è scegliere. Quando una persona deve scegliere, potrebbe avere dei dubbi. E la persona dubita perché ha paura. Alcuni hanno paura di sbagliare nella scelta. Altri per avere successo, perché alzerebbero l’asticella delle proprie possibilità, ma anche delle proprie aspirazioni. Alcuni – i perfezionisti – non si sentono mai pronti a decidere, perché non finiscono mai di raccogliere informazioni o di completare la loro analisi costi-benefici. Il tutto in una “danza” quotidiana tra un hic et nunc e un “ci penserò domani”. Il paradosso c’è: il procrastinatore sceglie deliberatamente di rimandare un compito che ha comunque deciso di svolgere, e anche se sa che dovrà subire le sfortunate conseguenze di questo rinvio.

Chi non finisce mai di raccogliere informazioni per prendere la decisione, mantiene la (falsa) illusione di raggiungere, in seguito, il 100% di sicurezza. In breve, questi individui non accettano rischi. La procrastinazione, tuttavia, non è una malattia, ma un comportamento che deriva dalla nostra incapacità di affrontare le nostre emozioni.

E poi c’è tutta una schiera di persone che, pur avendo raccolto tutte le informazioni del caso e i dettagli per giungere all’azione vera e propria, si censurano o si disprezzano per la loro ignoranza o incapacità di raccoglierle, mentre allo stesso tempo non si concedono neppure la possibilità di consultare esperti in materia. La loro convinzione (limitante) è che la decisione non ha valore se non la prendono loro stessi, senza l’aiuto di nessuno. Sebbene sia spesso consigliato parlare con qualcuno, dall’amico più stretto ad un esperto, la decisione vera e propria non è percepita come propria. Ecco, dunque, un altro rimando.

È curioso che molti di loro, una volta che riescono a prendere la decisione, sembrino non avere problemi nell’eseguire tutto ciò che la decisione comporta. Il loro problema è che rimandano il processo decisionale e, quindi, intraprendono un’ampia varietà di altri compiti che li sollevano, perché consentono loro di “sfuggire” o “evitare” lo svolgimento della loro attività più rilevante (e scomoda): prendere la decisione. Insomma, il problema è quel primo passo nell’applicare la scelta.

Durante questa fase di evitamento e sostituzione, alcune persone si sentono ulteriormente bloccate nell’agire. È una sensazione di ottusità che rende difficile pensare chiaramente ad altre questioni ed è spesso accompagnata da sentimenti di frustrazione e preoccupazione. La paura che proviamo deriva, molto probabilmente, dalla propria convinzione che dovremo (con)vivere – forse per tutta la tua vita – con i risultati di questa decisione. E sebbene questo può essere vero a volte, non lo è nella maggior parte dei casi, perché è possibile apportare modifiche al percorso e persino cambiare la decisione. Il problema è il considerare questo processo come irreversibile, oppure se ne ingrandiscono talmente tanto le conseguenze che, in molti casi, non si è gradi di valutare la propria capacità nel sopportare le conseguenze della nostra decisione.

 

Quante decisioni prendiamo ogni giorno

Ogni giorno della nostra vita prendiamo decine, se non centinaia di decisioni. Sin dal momento in cui ci svegliamo e dobbiamo decidere cosa indossare per la giornata, c’è una scelta che ci attende. La stragrande maggioranza di queste decisioni è inconscia o automatica, perché fa parte delle nostre abitudini o routine (abbiamo detto, appunto, il cosa indossare per andare al lavoro o uscire di casa per altri motivi). È una fortuna che sia così. In questo modo si mantiene un’elevata efficienza e si risparmia un’enorme quantità di energia. Pensiamo solo per un momento se dovessimo alzarci o decidere (anche questa è una decisione) di non alzarci affatto dal letto perchè siamo tristi e depressi. Tutto il resto delle nostre decisioni è cosciente e, quindi, richiede un certo grado della nostra attenzione. Anche in questo caso, una larga parte di presa di decisione è semplice eppure richiede un certo grado di attenzione: per colazione – ad esempio – prendo del caffè o solo del latte? Per secondo, scelgo carne o pesce? E così via.

In altri casi, quelli che richiedono una concentrazione più elevata nel declinare i possibili successi o insuccessi, i processi di scelta risultano difficili, complessi o rischiosi. Ad esempio, in una situazione lavorativa, magari nella fase di rilasci di un progetto o di un prodotto, è meglio lanciare prima il prodotto A o B? Se si è a capo di un’azienda, è bene assumere altri trenta venditori o va bene rimanere con la forza-lavoro già presente? Compro questa azienda o no? Questo passo è bene farlo ora o tra un anno? E’ il caso di ridurre lo stipendio dei dipendenti? (e qui entra in campo anche una sorta di responsabilità vissuta, intrisa in noi stessi, che coinvolge ance le vite altrui).

Generalmente, di fronte a un processo decisionale, abbiamo diverse opzioni tra cui scegliere. È abbastanza raro avere opzioni tra le quali ponderare quel che possa essere più consono per noi. A volte le nostre convinzioni (limitanti) ci impediscono di vederle o trovarle e, ovviamente, per noi non esistono.

Ci sono persone che a causa della loro funzione o posizione nell’organigramma, come manager o capi progetto, devono prendere molte decisioni importanti ogni giorno. Durante il necessario periodo di maturazione, queste si accumulano. Non tutte le decisioni sono ugualmente rilevanti. Un modo per procrastinare, in questo caso, è dedicare le proprie energie a decidere prima quelle meno rilevanti e rimandare la decisione a quelle più importanti.

 

Cos’è il rischio 

È la probabilità – non troppo remota – di non ottenere i risultati attesi, sperati e ponderati con così tanta dovizia di pro e contro. È una sensazione soggettiva che proviamo nel presente, e che si rivela strettamente legata al processo decisionale perchè riguarda il futuro, quindi un’incognita. La decisione implica sempre l’aspettativa di un risultato. La aspettativa propria o quella degli altri può fare la differenza, ma sono entrambe determinanti.

Il processo decisionale comprende, tra gli altri, due elementi rilevanti: la raccolta di informazioni e la riflessione. Ma, effettivamente, di quante informazioni e di quale livello di qualità si ha bisogno per prendere una determinata decisione? Di quale profondità e durata della fase di riflessione si ha bisogno per prendere una decisione?

I procrastinatori hanno enormi difficoltà nel determinare la loro risposta a queste due domande e se lo fanno, superano le loro stime per evitare il rischio. Pensiamo solo per un attimo a quante volte ci siamo interrogati su una determinata questione, non riuscire a uscirne con una decisione, e neppure decidere se ascoltare qualcun altro o meno. Quante volte la frase “non ho ancora preso la decisione” ci è balenata per la mente o l’abbiamo detta a voce alta.

A volte il ritardo genera direttamente delle perdite (materiali, soprattutto) e, in questo caso, tali perdite possono essere facilmente calcolate. Ma quando il ritardo genera una mancanza di reddito (guadagno mancato o euro non versati) è più difficile da quantificare (lo sbaglio?).

Quello su cui quasi tutti noi siamo concordi è che questo tipo di procrastinazione genera perdite economiche – così come perdite emotive, ecc. – e si tratta di perdite molto alte. Se ad esempio, uno studente ritardi inutilmente la decisione di portare a termine lo studio o un manager il lancio di un prodotto, l’ampliamento della rete di vendita, una ristrutturazione organizzativa o un certo licenziamento, stiamo subendo perdite economiche. Perché la procrastinazione non è mai gratuita.

Attenzione, stiamo parlando di perdite economiche. Ma, probabilmente, le perdite emotive sono ancora più preziose, perchè possono trascinare con sé un bagaglio di rimorsi e di rimpianti che non possono in alcun modo riavvolgere le trame del tempo.

Il problema è ulteriormente aggravato perché alcuni procrastinatori non sono realmente consapevoli che esiste   un   costo   associato   al   loro   ritardo. Non   si   rendono   conto che procrastinare una decisione è in realtà prendere una decisione. E continuare a vivere con relativa calma perché ancora non si è presa la decisione è solo una calma apparente che nasconde ben altro. Basta parlare con i nostri nonni o con alcune persone anziane, poichè molto frequente tra di loro. Pochissimi di loro sentono o rimpiangono le decisioni sbagliate che hanno preso nella loro vita, rispetto alla maggioranza che si pente delle decisioni che hanno ritardato o non hanno nemmeno preso.

 

Conclusione 

Come si può constatare, la procrastinazione non deriva necessariamente dalla pigrizia, dall’inefficacia o dall’indisciplina. Deriva da diversi fattori a cui siamo tutti vulnerabili. Possiamo ridurre questa difficoltà nel “fare il primo passo” a 5 cause:

  1. Indecisione;
  2. Stanchezza;
  3. La noia;
  4. La complessità di un compito;
  5. Mancanza di motivazione (causata da una mancanza di visione).

Ci sono anche altre cause che ci portano a procrastinare come la paura del fallimento o il perfezionismo, ma essendo il comportamento soggettivo, le cause possono essere le più varie. Internet e social network, videogiochi, società dei consumi e così via. Tante distrazioni quanti sono i buoni motivi per procrastinare e la maggior parte di esse si trovano raccolte lì sotto il nostro stesso tetto: la tentazione allora può essere forte di voltare le spalle ai propri obiettivi di lavoro.