Sono ormai trascorsi diversi anni da quando i social network sono entrati nelle nostre vite e, nei due anni recenti, ne siamo stati ancor più coinvolti vista la forza pandemica che ci ha spinti a rinchiuderci dentro le nostre casa. Quasi sicuramente abbiamo almeno una volta ricevuto qualche commento fastidioso verso una foto pubblicata o un commento espresso nei modi e nei termini più inadeguati.
Sebbene uno o due commenti “poco empatici” non siano un gran problema, se prolungati possono causarne di seri alla nostra salute mentale dovuti alla frustrazione di non riuscire a fermarli. O a reagire in modo consono. E persino rafforzare la dipendenza da queste piattaforme alla ricerca di altre fonti di soddisfazione.
Gli sforzi delle piattaforme di social media per moderare questo incitamento all’odio non sono stati da meno. Facebook, Twitter e YouTube sono stati particolarmente severi al riguardo, sviluppando filtri sofisticati che promuovono l’empatia. Tuttavia, nonostante tutti gli sforzi, tutto questo non ha aiutato a risolvere il problema.
In questo senso, i ricercatori si sono mossi per fornirci probabilmente la migliore soluzione per fermare quello che oggi è ben noto come incitamento all’odio. Tutto questo attraverso la strategia del counterspeech o “controlinguaggio”, ovvero i discorsi di empatia.
Una definizione di counterspeech
Sostanzialmente questo termine si riferisce alle diverse tecniche utilizzate dai brand nelle loro comunicazioni online nei confronti di situazioni di odio e ostilità. La natura di questi messaggi differisce dai soliti commenti in risposta rivolti a clienti o follower. Questo perché usano l’empatia o l’umorismo come motore per indurre un senso di colpa nelle persone colpite. Atteggiamento che le porta a cambiare il loro comportamento.
L’odio può essere sradicato con l’empatia
Lo studio condotto dall’Università di Zurigo ha cercato di confermare se il counterspeech potesse effettivamente incoraggiare gli autori di incitamento all’odio a cancellarlo. Per fare ciò, i ricercatori hanno identificato 1.350 utenti su Twitter che avevano pubblicato contenuti razzisti o xenofobi. Successivamente, hanno separato gli utenti in tre gruppi e hanno applicato loro in modo casuale le seguenti strategie di contro-discorso: messaggi che provocano empatia con il gruppo target del razzismo, messaggi con un tono umoristico e avvertimenti.
Di conseguenza, i ricercatori hanno scoperto che i messaggi di contro-discorso più efficaci erano quelli che cercavano empatia nelle persone colpite. Le quali, in un atto di empatia appunto, si sono scusate per l’accaduto e hanno ritirato il loro incitamento all’odio dalla piattaforma.
Al contrario, l’uso dell’umorismo e delle minacce era addirittura controproducente nel tentativo di generare empatia. E aveva persino incoraggiato, nella maggior parte dei casi, la continuazione di commenti nocivi e offensivi.
Certamente non abbiamo trovato una panacea contro l’incitamento all’odio online, ma abbiamo scoperto indizi importanti su quali strategie potrebbero funzionare e quali no. Quello che resta da studiare è se tutte le risposte basate sull’empatia funzionino ugualmente bene o se particolari messaggi siano più efficaci.
La soluzione definitiva per migliorare gli speech sulle reti
Nella scienza non c’è niente di assoluto. Anche quando sono tanti gli studi che certificano la relazione tra una variabile e l’altra. Questo è anche il caso del counterspeech e dell’incitamento all’odio.
Il rapporto più recente del Pew Research Center sull’incitamento all’odio ha rivelato che gran parte del mondo che comunica online è sempre più incline a usare il razzismo, la misoginia e l’omofobia nei loro commenti.
In questo senso, quel che cerca il counterspeech cerca di fare non è l’eradicazione dell’incitamento all’odio, ma il miglioramento delle comunicazioni tra gli utenti attraverso l’empatia. Ad esempio, incoraggiando gli autori di commenti nocivi a mettersi nei panni della vittima o chiedendo loro di assumere il punto di vista dell’altra persona. Inoltre, maggiore è la pratica del contro-discorso contro l’incitamento all’odio, maggiori sono gli studi che vengono effettuati. In particolare, gli studi mirano a migliorare gli algoritmi dei social media in modo da rilevare l’incitamento all’odio e promuovere automaticamente strategie di contro-discorso empatico.