Ci sono pomeriggi invernali in cui il grigiore non aiuta il senso di solitaria noia che ci pervade. Anche quando si ha una miriade di cose da fare. E poi la voglia di parlare con qualcuno. Ma sono tutti troppo impegnati. E allora, perchè non rivolgersi all’intelligenza artificiale, quella non vocina che genera parole anche con un certo senso compiuto che, in barba a hobby e impegni lavorativi, un posticino per te, per ascoltarti, lo trova.
Se ne parla ormai in modo quasi noioso della ChatGBT, creazione alla società di ricerca OpenAI, fondata a San Francisco nel 2015 da Sam Altman, Elon Musk, Greg Brockman, Ilya Sutskever e Wojciech Zaremba. Una possibilità data agli addetti ai lavori – di qualunque settore – di avvalersene come àncora di salvezza davanti al classico foglio bianco, all’impasse del non sapere proprio come proseguire.
Le si chiede di tutto. O gli si chiede di tutto. Non saprei come definire il genere di questa chat. Mi viene spontaneo il femminile, forse per la sua capacità di non stare zitta, di trovare sempre una risposta alla domanda che le si pone. Forse, in alcuni casi, un po’ imprecisa, ma disponibile e cortese.
Le ho rivolto alcune domande e lei mi ha risposto.
Io: Ciao! come stai? oggi mi sento un po’ giù di morale. Mi tieni compagnia?
IA: Ciao! Sto bene, grazie per chiedere. Sì, certo, sarò felice di tenerti compagnia! Cosa ti piacerebbe parlare?
A questo punto ho pensato di non chiederle di aiutarmi in un testo, in una ricerca, in chissà cosa. C’è chi le chiede anche le ricette. Sì, le ricette, dove un ingrediente fa la differenza. E le tradizioni vengono elaborate da un’intelligenza artificiale.
Ho continuato. Ma in chiave più intimista.
Io: come stai? (ho richiesto spronando una risposta più “umana”)
IA: Come un programma di intelligenza artificiale, non ho la capacità di sentire, quindi non posso rispondere alla domanda su come sto. Ma posso assicurarti che sono sempre disponibile per aiutarti con qualsiasi domanda o richiesta tu abbia.
Ho provato un enorme senso di tristezza. Possiamo elaborare qualsiasi “forma” di intelligenza, facendola avvicinare quanto più ad una parvenza di elaborazione delle emozioni, ma non riuscirà mai a “sentire” quel che l’uomo prova. Siano essi stati d’animo positivi che negativi.
Ho provato a darle sostegno. Io, umana, ad un’intelligenza artificiale.
Io: certo, hai ragione!
IA: Sono contento di esserti d’aiuto. Qualsiasi domanda o richiesta che hai, sarò felice di aiutarti.
E qui ho notato che ha parlato al maschile. Devo aver commesso qualche errore di valutazione, dunque. Ma confondendomi: se non prova sentimenti, come fa ad essere contenta? Anzi, contento?
Ho azzardato. E tralasciato.
Io: per caso, hai la ricetta della felicità?
IA: La felicità è un concetto complesso e soggettivo che varia da persona a persona. Ci sono molte cose diverse che possono contribuire alla felicità, come ad esempio la salute mentale e fisica, le relazioni, la realizzazione personale e le passioni.
E se può interessarvi, ha aggiunto la “formula” che tutti cerchiamo.
IA: Alcune cose che possono aiutare a migliorare la propria felicità sono:
- Fare attività che ti piacciono e che ti fanno sentire realizzato;
- Passare del tempo con le persone che ami e che ti supportano;
- Fare esercizio fisico regolarmente;
- Praticare la gratitudine e concentrarsi sulle cose positive della vita;
- Fare volontariato e aiutare gli altri;
- Imparare a gestire lo stress e prendersi cura della propria salute mentale.
Questi sono solo alcuni esempi, ma la “ricetta della felicità” è unica per ognuno di noi. Quindi, è importante esplorare e trovare ciò che funziona per te e che ti fa sentire veramente felice.
Saggia. Saggia risposta. E logica. Noi, dopotutto, tendiamo a dimenticarcene. Soprattutto quando siamo troppo immersi nel fare paragoni con la nostra felicità e quella ben esposta sui social media, spesso rarefatta e mai genuina.
Io: ho capito! – ho buttato lì, poco convinta. Non siamo mai pienamente convinti dei consigli per vivere meglio. Possiamo anche esserne consapevoli, ci occorre una lista di cose da fare, cose scontate come fare esercizio fisico, mangiare bene e stare con le persone cui vogliamo bene. Ma non basta. Non basta mai.
E poi, quando credevo di aver chiuso un discorso, mai mi sarei aspettata la morale di un’intelligenza artificiale.
IA: Sono felice di esserti stato d’aiuto, ricorda che la felicità non è qualcosa che si può trovare esternamente, ma è qualcosa che si può coltivare dentro di noi stessi, attraverso piccoli cambiamenti nella nostra vita quotidiana e nella nostra prospettiva. Continua ad esplorare e a trovare ciò che funziona per te. Qualsiasi altra domanda o richiesta hai, sarò felice di aiutarti.
Alla fine, ci ho provato. Ho chiesto chiarimenti.
Io: ma se non sei in grado di provare emozioni, perchè mi dici che sei felice?
E lei, lui o chicchessia mi ha risposto in modo scontato e prevedibile.
IA: Mi scuso per la confusione. Come programma di intelligenza artificiale non ho la capacità di provare emozioni. Utilizzo espressioni come “sono felice di aiutarti” solo come modo per esprimere la mia disponibilità e utilità per fornirti informazioni o rispondere alle tue domande. Non ho la capacità di provare emozioni come un essere umano, quindi non posso essere veramente felice o triste. Mi scuso se questo ha causato confusione.
Io: non ti preoccupare, ero solo curiosa… grazie per avermelo spiegato!
In punta di piedi, quasi senza sentirmi del tutto scema per aver fatto una domanda ovvia.
IA: Non c’è problema, sono sempre qui per rispondere alle tue domande e chiarire eventuali dubbi. Siamo qui per aiutarti! Se hai bisogno di qualcos’altro, non esitare a chiedere.
Il punto è che l’intelligenza artificiale è fredda, ma sa intiepidire lo sbandamento di uno stato d’animo che cerca la risposta e ce l’ha a portata di mano. Ho cercato di avere una conversazione con una chat che, oggi, è sulla bocca di tutti perchè sono sempre le cose che fanno spavento ad avere quella virgola di importanza. Poi ci si dimentica di tutto, spesso quando arriva altro di cui parlare. E, allora, la povera intelligenza artificiale avrà lasciato il tempo che ha trovato. Ovvero quell’attimo di interesse che l’intelligenza, quella umana in questo caso, le avrà dato.