Ti svegli, ti vesti e vai in ufficio. La normalità. Ti siedi dietro una scrivania, o in uno spazio designato, e lavori finché l’orologio non dice che la tua giornata lavorativa è finita. Così è la vita per la stragrande maggioranza delle persone. Cioè, fino a quando non è arrivato il COVID. Poi, tutto è cambiato.
E poi è giunta una nuova corrente di pensiero – chiamiamola così – alla quale si è affidato il nome di Great Resignation, o “Grande rassegnazione”, in italiano (sebbene il termine inglese giochi sul doppio significato di “dimissioni”). Questo è un fenomeno che il professor Anthony Klotz, della Texas A&M University, ha previsto accadrà quando alle persone verrà chiesto, o detto, di tornare nei loro uffici. Klotz sostiene che, quando saremo tutti costretti a tornare alla vecchia realtà del pendolarismo, del lavoro dalle 9 alle 18 (a seconda dei casi) e della vita da “cubicolo”, ci sarà una “Grande rassegnazione” tra la forza lavoro.
L’argomento principe di questo fenomeno che si auspica avrà luogo in tempi brevi è che, in tempi di incertezza e insicurezza, come durante una pandemia globale, le persone si comportano in modo conservativo. Rimangono ferme, stabili, inermi. Ma una volta che le cose si “normalizzeranno” di nuovo, gli esperti sostengono che i datori di lavoro dovranno aspettarsi che i dipendenti si dirigano verso l’uscita principale. E si dimettano
Ma perché? Cosa è cambiato? Perché lavorare da casa ci ha reso così insoddisfatti delle nostre vite precedentemente normali? O, al contrario, ci dato la possibilità di capire quali siano davvero gli aspetti essenziali della nostra vita? Oltre al comfort e alla comodità di lavorare da casa, una spiegazione potrebbe riguardare il concetto di “normalizzazione”, un argomento che ha affascinato il filosofo francese Michel Foucault.
Il potere delle persone normali
Foucault sosteneva che spesso trascorriamo una quantità eccessiva di tempo cercando di essere normali. Dobbiamo vestirci come tutti gli altri. Dobbiamo parlare delle stesse cose. Dobbiamo lavorare come lavorano tutti gli altri. È estremamente importante che le cose siano normali. Ma, dietro tutto questo, c’è una dinamica di potere di cui molti di noi sono semplicemente inconsapevoli e di cui inconsciamente sono infelici.
Qualcuno, da qualche parte, deve definire cosa è “normale”. Sta poi a noialtri piegarci per adattarci a questo stampo che, spesso, ci va molto stretto. Essere potenti, quindi, significa dire: “Fai così, altrimenti tutti ti chiameranno strano”. Il potere è quello di tenere quegli stampi entro i quali tutti gli altri devono integrarsi. È ciò che Foucault descrive come “potere normalizzante“.
Il COVID è stato un campanello d’allarme per l’anormalità del lavoro moderno
Applichiamo il concetto di normalizzazione di Focault al posto di lavoro moderno. La saggezza comunemente accettata diceva che il miglior – e davvero – unico modo per lavorare era in un ufficio, di solito in centro, lontano da dove viviamo. Ci è stato detto che è qui che si mettono in atto collaborazione e creatività. In gran parte incontrastato, questo “normale” ha funzionato per decenni e tutti abbiamo obbedito.
Abbiamo dovuto svegliarci alle prime luci dell’alba per prepararci per andare a lavoro. Abbiamo dovuto spostarci come pendolari intasati e intasando a nostra volta le città. E tutto questo senza gioia. Dovevamo mangiare pranzi già confezionati dietro le nostre scrivanie troppo piccole. Dovevamo assistere alle riunioni su sedie ergonomiche per una “buona postura”. Poi, a fine giornata, dovevamo tornare a casa in un altro turno di pendolarismo. Ancora senza gioia. E lo abbiamo fatto giorno dopo giorno.
Poi è arrivato il COVID e ci ha rivelato quanto sia artificiale, inutili, e anormale tutto questo. È come se qualcuno avesse strappato una benda alla società. Abbiamo laptop, Wi-Fi e 5G. Molti di noi si sono riscoperti altrettanto produttivi, se non di più, rispetto all’era “normale” pre-COVID. Non abbiamo bisogno di essere in un ufficio. Non abbiamo bisogno di sprecare innumerevoli ore della nostra vita seduti nel traffico.
Anche se l’idea di una Grande Dimissione è piuttosto allettante in questo momento, dovremmo stare attenti che la “nuova normalità” non sia tanto peggiore. Ancora meglio, le persone devono trascorrere più tempo con le loro famiglie, godersi pause lunghe e riposanti e avere spazio per dedicarsi ai propri hobby. In breve, alla gente piace non andare in ufficio. E, come sostiene Klotz, quando le aziende noteranno questa insoddisfazione – questa Grande Dimissione – si porranno alcune domande rivoluzionarie, come: “Vuoi tornare a tempo pieno? Lavorare da remoto? Lavori tre giorni alla settimana? Quattro giorni? Un giorno?“.
Il lato positivo della pandemia di COVID è che ci ha fatto riesaminare cosa sia “normale”.
Attenti alla nuova normalità
Naturalmente, l’idea di un lavoro d’ufficio dalle 9 alle 18 non è stata stabilita da un omino cattivo solo per soddisfare i suoi capricci sadici. È successo perché la gente pensava che fosse il modo più efficace e produttivo di operare.
Le persone hanno bisogno di un contatto umano diretto e spesso è più facile e produttivo parlare con un collega vicino o attraversare un ufficio per chiedere aiuto. Un software per il lavoro a distanza come Zoom è davvero conveniente, ma un’azienda può dire onestamente che è efficiente come lavorare in un ufficio?
Inoltre, c’è una lacuna particolarmente perniciosa in ciò che ha sostenuto Foucault. È qualcosa che dovrebbe rallentare qualsiasi aspirante alla Grande Dimissione. Questa è l’idea che probabilmente ci sarà sempre una sorta di normalità. Mentre COVID ha rivelato l’ufficio per essere il gioco di potere normalizzato che è, quale sarà il prossimo “normale”? Diciamo che lavorare da casa diventa la nuova normalità. Dovremo partecipare alle riunioni di Zoom a qualsiasi ora del giorno o rispondere ai messaggi o mail a mezzanotte? Le telecamere potrebbero essere utilizzate per monitorare ogni nostro movimento? Un software potrebbe verificare che stiamo lavorando al ritmo giusto e nel modo giusto?
Anche se l’idea di una Grande Dimissione è piuttosto allettante in questo momento, dovremmo stare attenti che la “nuova normalità” non sia tanto peggiore. Si tratta della nostra casa. Delle nostre abitudini. Della nostra vera vita.