Osservo sempre con curiosità quel che accade sul web e, soprattutto, le dinamiche comunicative che si intrecciano sui social network. Non so se ricordate quando, un tempo, la generazione che ha vissuto il passaggio alla tecnologia del cellulare si scambiava i famosi “squilletti” per dare un segno della propria presenza, marcare un pensiero, determinare un concetto.
Era l’era della semplicità e dell’approccio affidato ad una bustina del display che segnalava la presenza di un messaggio tutto per noi. Era l’era della telefonata che non era più esposta all’ascolto curioso di orecchie indiscrete vicine ad un fisso. Era l’era della chiamata in disparte, privata, intima.
Poi vennero le chat. E tutto cambiò.
“Voglio solo comunicare con te!”
Nel mio libro Psicologia dei social network, dedico un paragrafo al Tentativo di abbordaggio in corso!
“E poi ci sono quelli che ti abbordano premettendo, prima che lo si possa pensare, dire o scrivere che non è affatto loro consuetudine “rimorchiare” in chat, aggiungere persone (donne, nella fattispecie) alla loro nutrita lista di amici/che”, scrivo.
Crediamoci pure alla buona fede di questi Cyrano del Terzo Millennio. Ma è tutto il contesto che perde di credibilità. Ci sono coppie nate proprio da questo alveo di cyber-romanticismo, ma volendo approfondire l’argomento e ascoltando le microstorie che ognuno di noi ha da raccontare proprio quel romanticismo si affloscia come una torta venuta male.
Alzi la mano chi è stato abbordato almeno una volta in una chat! Inizia così: ci si chiede l’amicizia, una delle due parti l’accetta e, mezzo secondo dopo, arriva un messaggio. Ha tutto inizia così: conversazioni lunghissime, anche interessanti, che hanno il sapore sbiadito della conoscenza che, un tempo, si faceva davanti ad un bicchiere di vino. Oggi, al massimo, al vino ci si arriva già eccitati e fomentati da quanto già si è conosciuto, magari sorseggiando una birra o una tisana in solitudine davanti allo schermo del PC.
Il fatidico “XXX ti ha inviato un messaggio” diventa la dichiarazione di intenti più potente delle nostre giornate, la benzina che ci colora di fiamme le nottate.
Poi quelle nottate, dopo essere diventate albe di storie, diventano realtà. Sta a noi decidere quale tipo di realtà accarezzare. Come detto, molte storie sono nate proprio in questo modo. E noi siamo entusiasti di saperlo.
Non possiamo non pensare però all’altra metà del cielo, a quella ovvero che si è vista bloccata, cancellata dal social. Messaggi che non vengono visualizzati, o messaggi che non arrivano perchè la controparte non vuole più saperne di noi. Siamo stati il suo cuscino – comodo, per carità – per un tot di serate che resteranno nei ricordi di entrambi.
Poi accade qualcosa. E, spesso – troppo spesso – quel qualcosa non ha una risposta. Si sparisce e basta. E, se ci pensate bene, è tutto molto più semplice di una volta. Basta bloccarla, la persona. E questa non ha più possibilità di mettersi in contatto con voi.
E poi così semplice “buttare” una persona nella pattumiera dell’oblio, oggi come ieri? Forse, in passato, c’erano le spiegazioni da dare. Quelle che si faceva fatica ad accettare e prevedevano chili di Nutella e litri di lacrime. Ma passavano. Oggi, forse, la non-risposta è più dolorosa. Perchè si butta un calzino, ma non si butta una persona. Eppure adesso è molto semplice. Come è semplice atterrare nella vita di una persona, per poi decollarne come quando si è in fuga.
Cosa manca, oggi, nella comunicazione? O, al contrario, c’è un valore aggiunto? Riusciamo davvero a comunicare meglio e più facilmente rispetto a prima? E’ proprio così agevolata la nostra voglia di avvicinarci grazie alla scelta che abbiamo dei mezzi per farlo?
Io credo che troppa comunicazione porti a determinate distanze. Il mezzo non necessariamente implica facilità. E nemmeno la predisposizione di una delle due voci. Probabilmente agevola. Ma di certo unisce poco o non unisce. Sicuramente presupporrebbe forme di rispetto cui non siamo pronti. Ed ha letteralmente asfaltato qualsiasi forma di romanticismo che implica un certo grado di rispetto.
Forse, tra le due epoche, sarebbe auspicabile riscoprire il piacere del calore. Fatto anche di parole.