Bisogna saper comunicare anche la propria difesa di un figlio. Non serve a nulla sbraitare famelico davanti ad una webcam, senza pensare le parole che escono da una bocca piena di rabbia.
Poniamo il caso che il proprio figlio sia accusato di stupro. C’è un video che “incastra” la ragazza. Il figlio è presunto innocente o presunto stupratore. Allo stesso modo, la ragazza è presunta vittima o presunta complice. E’ nell’aggettivo “presunto” la chiave di tutto.
Prendere le difese di un figlio è un moto che nascerebbe in qualsiasi genitore. Come, giustamente, anche l’impulso di rinchiuderlo in gabbia e non farlo uscire mai più nel caso fosse riconosciuto colpevole. Ma dall’altra parte, quella della presunta vittima, ci sono anche dei genitori. E c’è, soprattutto, la presunta vittima.
Quando si parla e si comunica un messaggio, il proprio, quello che viene dal profondo, si dovrebbe avere la capacità di capire che c’è un interlocutore. Di empatizzare anche il suo dolore. Anche se, in quel momento, non si ha davanti una persona fisica, ma l’occhio freddo di una webcam. Ci sono però persone, che accoglieranno il messaggio e ne rimarranno ferite.
La verità la sanno quei ragazzi. La verità la decreterà la magistratura. Non è nostro compito demonizzare o, peggio, come spesso succede in questa società, legittimare la violenza seppur consenziente. E’ un ossimoro. Non c’è consenso in un gregge che ti assale e ti rovina la vita. Non c’è consenso nella illogicità dell’ebbrezza di una vodka di troppo.
Parlare di consenso di una ragazza, legittima come sempre l’istinto famelico di un uomo. “Lei ci stava!” e ci puliamo la coscienza. Forse, a scuola, quando si parla di educazione sessuale, si dovrebbe insegnare non come si fanno i figli – chè i ragazzi lo sanno molto bene già prima che qualche insegnante si inerpichi in sentieri scoscesi – ma occorrerebbe insegnare cos’è il rispetto, verso ogni genere e orientamento sessuale.
Tutto il resto è fuffa. I pareri di questo o quel politico, l’empatia o meno verso chi sbraita salivando, l’empatia o meno verso chi ha bevuto quella vodka di troppo. Non spetta a noi fornire un parere che non cambierà certo la vita di questi “presunti”.