Giovani tra paura del futuro e bisogno di bellezza quotidiana

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C’è un termine poco noto ma sempre più presente nei racconti degli psicologi e nei forum tra adolescenti e giovani adulti: peniafobia, ovvero la paura intensa e pervasiva di diventare poveri. In un mondo dove l’instabilità economica è ormai cronica, dove il successo appare accessibile solo a pochi eletti e i social mostrano vite da copertina, questa fobia cresce silenziosa. E non si tratta di una semplice preoccupazione per il futuro, ma di un’ansia che può diventare invalidante, con sintomi fisici e comportamentali evidenti.

Il confronto costante e il peso dell’ideale

Viviamo in un tempo in cui il benessere non è solo desiderato, ma esibito. I social media, in particolare, alimentano aspettative irrealistiche e continue occasioni di confronto. Il risultato? Chi non raggiunge certi standard — un lavoro stabile, una casa di proprietà, viaggi e successo — si sente in difetto, in ritardo, fuori strada. Per molti giovani, questa distanza tra ciò che è e ciò che dovrebbe essere diventa un abisso di insicurezza.

Riscoprire la bellezza del momento presente

Eppure, in mezzo a questo caos emotivo e culturale, si fa strada una contro-narrazione. È quella che invita a rallentare, a guardare con occhi nuovi la quotidianità. Non per negare le difficoltà, ma per riconoscere che la vita ha senso anche nei suoi dettagli minimi: un caffè condiviso, una passeggiata al sole, un gesto gentile.

Professionisti della salute mentale e praticanti della mindfulness parlano sempre più spesso di “allenamento all’apprezzamento”: un esercizio quotidiano di attenzione e gratitudine, capace di ricostruire il benessere dall’interno, senza bisogno di performance o perfezione.

Tra fobia e speranza: una generazione in bilico

Forse è proprio questo il nodo centrale: trovare un equilibrio tra la consapevolezza delle sfide e la capacità di gioire comunque. I giovani non sono solo vittime di un sistema in crisi, ma anche cercatori instancabili di senso. La peniafobia va riconosciuta e affrontata, ma non può essere l’unico racconto possibile. C’è anche spazio per una nuova forma di resilienza: quella che si costruisce un momento alla volta, nella bellezza che resta, nonostante tutto.

Foto di ATDS da Pixabay