C’è un qualcosa di cinico nella notifica di compleanno di un contatto Facebook. “Contribuisci a rendere speciale la giornata di X!“. X, però, non c’è. Non c’è più. E, umanamente, cerchi di socchiudere il cassetto che straripa di ricordi e nostalgia. Mentre un algoritmo fottutissimo fa il bastardo e ti graffia dentro, nel profondo. Proprio dove nessuno può vedere. E che tu non puoi mostrare. Perchè è qualcosa che non puoi mettere lì in bella mostra come sei solito fare con ogni cosa.
Ti scortica. Ti travolge. Ti devasta. E poi se ne va.
I social network sono anche questo. Sono notifiche di persone di cui senti una fredda mancanza, ma che allo stesso tempo senti così vicine, “vive”, come se stessi per fare il loro numero di telefono, aspettando che qualcuno dall’altra parte possa rispondere.
“Oggi è il compleanno di X” e tu vorresti dire al caro, vecchio Facebook che lo sai benissimo di chi è il compleanno oggi. Che non c’è motivo di affrettarsi a rendere questo giorno speciale. Perchè l’unica cosa che puoi fare è regalare un pensiero sulla tua bacheca. Un po’ come se lo stessi scrivendo sul vecchio “caro diario” che, un tempo, riponevi sul comodino con una foto che vi ritraeva sorridenti.
Il diritto all’oblio che non vuole essere dimenticato
Lo chiamano “diritto all’oblio” e qualcosa, nella sua espressione fredda e secca, più simile ad un ossimoro, ci spaventa. Da vivi, possiamo scegliere di nominare un “erede” universale addirittura dei nostri account. Costui, con paziente sangue freddo, il giorno in cui non ci saremo più, prenderà “in mano” le redini della nostra timeline e contribuirà a “tenere vivo” il nostro profilo. Altrimenti è nostro diritto chiedere di essere dimenticati. Scomparire, eludere i sistemi di ricerca. Non esistiamo sulla terra, non esistiamo nel magico mondo della rete, laddove tutto è raggiungibile. Tranne noi.
Tuttavia, non sempre si ha il tempo di decidere del nostro futuro social quando “non ci saremo più”. Un incidente, una malattia. Qualsiasi evento nefasto può strapparci alla vita. Ma non al social network. Che rimane pulsante e chiede solo di essere aggiornato.
Piovono messaggi di dolore, pensieri di chi resta e non crede, immagini e ricordi. Candele. Cuoricini e abbracci. Ma nessuno che possa rispondere.
La crudeltà vera, reale, tangibile sta nel dover accettare la mancanza 364 giorni l’anno. E’ difficile ed impossibile. Ci si convive, ma non si accetta. E quando sei lì lì per essere travolto dalla quotidianità, eccolo lì, il 365esimo giorno dell’anno. Quello della notifica, quello che ti esorta a rendere speciale il giorno che, una volta, un tot di anni addietro, speciale lo era davvero.
Quanto può essere cinico Facebook e il suo galateo di buone maniere e buona convivenza. Che ne sa lui che quella notifica può scaturire in lacrime e dolore. Di mamme, figli e figlie, padri, nonni e zii, amici e fratelli.
Di mamme.
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