I social network oggi e le messaggerie ieri. Chi non ha usato MySpace o MSN Messenger? Innamorarsi era estremamente facile: dietro uno schermo, chi ci scriveva era l’esatto ritratto di chi avremmo voluto accanto. Non importa se i canoni di bellezza – non mi riferisco a misure giunoniche per le donne o tartarughe spiaggiate per gli uomini, ma al personalissimo concetto di “modello ideale” – poi non aveva riscontro nella realtà.
Dietro uno schermo siamo tutti “belli”. E lo siamo davvero, forse perchè è dietro l’anonimato di uno schermo di un computer o di un’app di messaggeria che ci presentiamo come siamo dentro. E quel “dietro” diventa un miracolo “dentro”.
Poi arriva la voglia dell’incontro – voluto da entrambi o da una delle parti. C’è l’ansia dell’attesa, il nervoso delle aspettative, la paura di deludere e di venire delusi. Fino al giorno dell’incontro. Ed il resto può avere solo due vie: un futuro o una bella amicizia.
La prosecuzione di un contatto spetta dall’intelligenza di entrambi. Troncare i rapporti quando fino ad allora ci si è confidati ed aperti denota superficialità e scarsa intelligenza. L’aspetto non è tutto, dicono alcuni. Ma se si è fatto breccia nel cuore di qualcuno per le parole che si sono concesse, si dovrebbe immaginare che si possa continuare a darle anche in un ipotetico dopo.
Ma il mondo delle chat è questo. Se da un lato ci sveliamo per come siamo, dall’altro – quello della realtà vissuta allo scoperto – ci si mette in gioco con quello che realmente siamo. Che potrebbe piacere e non piacere. Un tempo si parlava di maschere e di “uno, nessuno, centomila”. Bene, oggi lo siamo. Siamo centomila persone in una chat o in un social, ma siamo unici e nessuno nella società.
Come ogni cosa, però, questo porta a dei pro e dei contro. La libertà di essere quelli che si è nascosti da un’aspettativa altrui. E l’aspettativa altrui che mortifica la nostra libertà di essere.