Regole di bon ton di Natale: se ad includere, escludi

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A Natale. Anche a Natale occorre fare attenzione. Anche la cosa più semplice, come il fare gli auguri, diventa – nell’era del politically correct spinto e ridicolo – una vera e propria impresa a non fare gaffe e a non offendere nessuno. “Dite buone feste, non buon Natale: non tutti sono cristiani”, tuonano le linee guida della comunicazione Ue che, già qualche ora dopo, aveva fatto marcia indietro.

Non esausta, però, aveva anche pensato bene che “meglio evitare Maria e Giovanni” avrebbe fatto in modo che non si dessero riferimenti cristiani. Troppo cristiani. Quindi, una spazzata di mano su chi si chiama Maria e Giovanni, questi non dovrebbero offendersi se da una vita portano un nome, fondamentalmente, offensivo per la religione altrui.

Ma chi lo è, cristiano, non dovrebbe essere allo stesso modo offeso? In teoria, no. Un vademecum europeo ha stilato una lista di espressioni che non urtino la sensibilità di nessuno durante le festività natalizie. Tutti contenti. Anche quando magari si scrivono quelle mail copia e incolla di “Buone festività” e inviate a frotte senza fare i tirchi. Si sa, a Natale siamo tutti più buoni. Ma proprio per questo, non dovremmo creare problemi se chi li riceve è di un’altra fede religiosa.

 

Miss, mia cara Ms

Ogni persona in Ue ha il diritto di essere trattato in maniera eguale» senza riferimenti di «genere, etnia, razza, religione, disabilità e orientamento sessuale“, tuonano sempre quelli di Bruxelles. Dando anche su questo argomento una confusa aria di chiarezza. Devono sparire “Miss” o “Mrs” (signorine e signore) sostituite da un più generico “Ms”. Dopotutto, è vero che noi donne siamo un po’ suscettibili: se ci chiamano “signore” ci offendiamo, se ci si rivolge a noi con un “signorine” la prendiamo come uno sfottò.

E tra le regole di bon ton tutte Made in Eu, sappiate che dire “festività sono stressanti” anziché “il Natale è stressante” è meno audace. Resta solo da chiarire come chiamare Babbo Natale con i nostri bambini. Un simpatico Signor Festività potrebbe non offendere nessuno, a pensarci bene. E, magari, se dite “Buon Natale” ci avete pensato potreste offendere chi felice non lo è?

Ma non pensiate che sia finita qui! Si tratta di un vero e proprio decalogo probabilmente partorito dopo aver mangiato una peperonata, se non fosse che i peperoni potrebbero offendere la suscettibilità di chi non li digerisce. Le linee guida, infatti, contengono diversi capitoli in cui il trattamento egualitario della persona diventa fondamentale.

“Non usare nomi o pronomi che siano legati al genere del soggetto;
mantenere un equilibrio tra generi nell’organizzazione di ogni panel;
se si utilizza un contenuto audiovisivo o testimonianze, assicurarsi la diversità sia rappresentata in ogni suo aspetto;
non rivolgersi alla platea con le parole “ladies” o “gentleman” ma utilizzare un generico “dear colleagues“;
quando si parla di transessuali identificarli secondo la loro indicazione;
non usare la parola “the elderly” (gli anziani) ma “older people” (la popolazione più adulta);
parlare di persone con disabilità con riferimento prioritario alla persona”.

Tutto ciò suscita un certo prurito. Siamo nell’epoca in cui, per non offendere, offendiamo. Per schivare l’offesa, la sottolineiamo. Per riferirci a qualcosa/qualcuno facciamo dei giri immensi per tornare al punto di partenza, con una sana goliardia di chi ci ascolta nel vedere come ce la caviamo. Per dire lei dobbiamo dire lui e per dire lui dobbiamo dire lei o ə. 

Insomma, ogni cosa contraria è giusta, e badate, ho detto contraria, perchè normale avrebbe suscitato mal di stomaci inappropriati.

Stiamo snaturando lingue con generi e declinazioni. Stiamo spazzando via tradizioni e radici storiche in nome del rispetto reciproco, quando poi davanti ad uno stadio chiunque può toccarci il sedere.

Ma se lo sono chiesto gli esimi signori della Commissione Eu come dovremmo riferirci alla Signora Befana? Chè oltre ad essere un altro simbolo, è anche un po’ anzianotta?

PS: ops… nel titolo ho detto “bon ton“! Non me ne vogliano i cultori dell’Accademia della Crusca. Ma il galateo maschile, forse, avrebbe offeso il genere femminile!