Festa del papà: se gli auguri sono “troppo” social

Read Time:1 Minute, 47 Second
Ne avevo parlato nel mio libro “Psicologia dei social network“. Mi riferisco alle ricorrenze, che non sono solo compleanni e onomastici. Mi riferisco, nello specifico, anche alle feste della mamma o, nel caso di oggi, la festa del papà.
 
Fare gli auguri non è un atto dovuto, ma un’esigenza che parte dal cuore, spontanea. Abbracciare il proprio papà o la propria mamma è parte di un bisogno filiale che dovrebbe essere esteso ad ogni giorno della nostra e della loro vita. Non voglio però qui cadere nella questione della festa come fenomeno commerciale. Di quest’ultimo aspetto ognuno reagisce come crede.
 
Mi soffermo però sul fenomeno – alquanto stravagante, direi, per certi aspetti – di inondare le proprie bacheche di foto con il proprio papà facendogli gli auguri e facendo sapere al mondo che è il papà più bello del mondo. Ora, al netto della consapevolezza che per tutti il proprio è il papà più formidabile e supereroe del mondo, sarebbe bello, se non auspicabile, farglielo sapere a voce, guardandolo a voce e con un abbraccio. Farlo sapere a lui!
 
I Like su un social sono effimeri, come gli auguri di gente semisconosciuta (soprattutto per il nostro genitore). Però è ormai noto che valgono quanto qualsiasi droga che dà dipendenza. E allora mostriamo immagini riesumate da album di famiglia sul mobile dietro l’enciclopedia DeAgostini ereditata dalla nonna, rimestiamo in immagini più o meno recenti di abbracci felici di momenti per l’occasione messi in gran rispolvero, andiamo su Google alla ricerca della poesia di quell’autore che “sì, ora ricordo, ne avevo sentito parlare a scuola”.
 
Tutto questo è molto bello, badate bene. E sarebbe veramente un problema se non accadesse il contrario. Io stessa mi sono adoperata oggi nel preparare i brownies al limone per il mio papà. Ma mi chiedo quale sia l’utilità di un post di auguri se il papà ci è di fronte, seduto a tavola, mentre avvolge gli spaghetti al sugo.
 
Posate quei dannati smartphone, e abbracciate il vostro genitore. E chi, ahimè, non può farlo, è una consolazione razionale, ma sappiate che c’è, vi sta guardando e vi sta guidando. Dovete solo imparare ad ascoltare.